Corporeazione, il presente in scena

Ma cos’è il teatro, a che serve, ha una funzione? O non deve averne, ed è solo la manifestazione della vita al presente quando è al suo massimo? E questa non è una funzione preziosa? Non è questo il “messaggio” necessario? Quello che ci ostiniamo ad affidare ai contenuti del testo, non è invece esattamente nell’essere dei corpi-in-azione?

Certo, il testo dice, anzi vomita, il dolore, la rabbia, lo smascheramento, la denuncia, e più lo fa più aderisce al corpo, e l’essere-in-scena si ricompone, diventa un tutto integro, una presenza, appunto, quella che vive nel qui e ora senza neanche l’ombra di un retropensiero.

Come essere innamorati. Quando i corpi parlano, e le parole evaporano sentendosi inutili, ingombranti, ridondanti. Anche perché sono troppo spesso portatrici dell’impianto culturale nel quale siamo immersi, e perciò troppo spesso dividono.

E gli innamorati non hanno la benché minima intenzione di scoprirsi divisi, separati, lontani.

Allora è solo il viaggio attraverso il linguaggio del corpo che ci può aiutare a trovare le parole che gli corrispondano, parole che lo manifestino, che dimostrino la potenza invincibile dell’integrità.

E con essa, quella del teatro. Il viaggio di “Desdemona” è appena cominciato.

 

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